Attenzione: quello che ti dici diventa realtà.
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Quando ci dobbiamo presentare più approfonditamente del nome proprio con stretta di mano a seguire, iniziamo l’elenco di ciò che crediamo di essere: estetista, appassionata di giardinaggio, sportiva, vegetariana… e via dicendo.
Nei mille corsi di formazione e di crescita personale si impara quasi subito a non identificarsi con ciò che facciamo o abbiamo.
Si chiarisce quindi che “faccio l’estetista, generalmente dal martedì al sabato, dalle 9 alle 18”, non lo sono integralmente, con ogni cellula del mio corpo.
Ho la passione per il giardinaggio, non sono quella passione che magari domani lascio piante e fiori a rinsecchire perché ho la nuova passione per il bungee jumping… e se la mia identità si è mescolata con questo cambio di interesse, vien da sé che finisco per essere anche una brutta persona, sterminatrice di margherite. Faccio sport, quando ne ho voglia o ne sento il bisogno e… Mangio vegetariano, esserlo è improbabile!
Per entrare nel tema di quanto sia ciò che pensiamo a definirci, ecco un esempio più occasionale ma drammaticamente più strutturante.
Quando commetto un errore con delle conseguenze abbastanza fastidiose tendo a definirmi con una serie di epiteti poco lusinghieri, come ad esempio “sono una stupida”.
Allo stesso modo definisco altre persone che commettono errori (poco importa se verbalmente o nel silenzio dei miei pensieri).
Se la collaboratrice del mio centro estetico dimentica di accendere il fornellino scalda cera ritardando il primo appuntamento (e tutti gli altri a cascata!) e poi scambia il flacone di crema idratante con quella che riscalda, in un attimo la considero un’inetta da licenziare prima che scada il preavviso.
In quanto a me, a forza di darmi della stupida, la mia autostima si ridurrà ad un ectoplasma e la prima volta che avrò l’occasione di fare qualcosa di strabiliante, rinuncerò in partenza!
È il commettere un errore che ci rende stupidi?
Oppure siamo delle persone intelligenti e capaci che hanno fatto un errore? Grazie al quale magari scopriremo la nuova penicillina…
La nostra mente, che produce i pensieri, è una funzione superiore del nostro cervello. È una facoltà incredibile senza la quale probabilmente questa nostra forma di vita, fatta di relazioni, operosità e mondo fisico non esisterebbe.
E noi, ciascuno di noi, ha una mente.
“Ho una mente ma non sono la mia mente” recita in una famosa e illuminante meditazione Roberto Assagioli, psichiatra e teosofo del ‘900. (1)
La mente, per assecondare le esigenze di economia del nostro cervello e del nostro corpo tutto, semplifica, associa, crea percorsi preferenziali e automatismi. Ed ecco che se anche volessi ardentemente imparare a lavarmi i denti con la mano non dominante, dovrò lottare con determinazione contro l’abitudine installata di afferrare lo spazzolino con la mano principale. Impiegherò tempo per consolidare abbastanza la nuova sinapsi fino a compiere l’azione naturalmente e senza sforzo… come dovrebbe essere il semplice atto di lavarsi i denti, con qualsiasi mano!
Quello che facciamo della nostra mente quando la usiamo distrattamente per definirci è mandare in onda un film credendo che sia la nostra vita.
Questa funzione che abbiamo (e che in molti casi è importantissima), acchiappa random dal nostro passato convinzioni e paure, che assomigliano molto vagamente a quello che sta realmente accadendo.
E così reagisco spropositatamente se mi si avvicina un chihuahua perché quella simpatica “funzione” ha acchiappato la paurosa memoria di quando, a 2 anni, il cane del vicino mi ha morso il pannolino. Cane uguale dolore uguale fuggire. Errore uguale giudizio uguale incapacità.
Così come è saggio non confondere il pizzicotto di un piccolo cane con il morso irrimediabile di un molosso, allo stesso modo cerchiamo di non confondere l’avere dei pensieri con l’essere ciò che pensiamo.
Usiamo piuttosto questo patrimonio fantastico di automatismi e risparmio energetico per ingannarci favorevolmente quando siamo sopraffatti dalla quotidianità (e dalla nostra collaboratrice distratta). Un po’ come mettere le pattine al gatto per sfruttare il suo inutile girovagare per casa, come una colf.
Alimentiamo la nostra mente di parole e pensieri edificanti, armiamola con la potenza di un desiderio e di un complimento, piuttosto che alimentare anche noi la discarica di giudizi e lamenti in cui siamo immersi da mattina a sera.
“Cavoli ho sbagliato questo conteggio! E adesso provo a godermi una pausa perché è altrettanto vero che dalle 7 di questa mattina ho fatto una quantità di cose importanti e ben fatte…”
Iniziamo a dirci cosa siamo davvero e anche cosa vorremmo.
Nella nostra essenza siamo bellezza, siamo potenza, siamo amore, siamo energia e vogliamo splendere, avere successo, essere felici, ridere, provare piacere e appagamento.
Non siamo professioni, soldi da guadagnare, piatti da riempire, cose da avere o da fare meglio, bene o perfettamente… che alla fine è meglio non iniziare nemmeno a competere con la perfezione!
Osserviamo quant’è difficile farci un complimento e facciamolo anche controvoglia come puro esercizio. O prescrizione tipo “dopo i pasti”. Tutti i giorni.
Sono bella, sono capace, che bella/buona questa cosa che ho fatto, ho avuto un’intuizione incredibile,…
Non dubitiamo dell’efficienza del nostro corpo, del nostro cervello e delle sue funzioni predittive.
Non dimentichiamo che quello che ci diciamo prima o poi diventa verità.
(1) per approfondimenti sul tema consigliamo questa lettura Psicosintesi: Per l’armonia della vita